Il Brasile è una repubblica federale democratica dell’America Latina. Quinto Paese al mondo per estensione con una superficie pari a ventotto volte quella dell’Italia, è stato colonia portoghese fino al 1822. Si tratta di un Paese particolarmente complesso che racchiude al suo interno realtà molto variegate sia in termini di sviluppo economico che di differenziazione geografica e etnica: accanto a una forte industrializzazione che lo rende una potenza economica regionale, il Brasile presenta anche realtà rurali in via di sviluppo, ampie aree occupate dalla foresta amazzonica o dai bassopiani semi – aridi del sertão e megalopoli di milioni di abitanti dove quartieri moderni tipici di una metropoli nordamericana si affiancano a baraccopoli sconfinate prive dei servizi di base e caratterizzate da un elevato grado di violenza. Nel suo complesso, appartiene alla fascia alta dei Paesi classificati dalle Nazioni Unite per Indice di sviluppo umano (ISU), collocandosi al 75° posto su 182 Paesi con un ISU pari a 0.813 (la Norvegia, primo Paese della fascia molto alta, ha un ISU pari a 0.971).
La terra attualmente conosciuta con il nome di Brasile fu rivendicata dal Portogallo nell’aprile del 1500 all’arrivo della flotta portoghese guidata da Pedro Álvares Cabral. I conquistatori incontrarono presto i nativi, popolazioni indigene suddivise in numerose tribù prevalentemente appartenenti alla famiglia linguistica Tupi – Guarani. La colonizzazione effettiva cominciò nel 1534 e, nei confronti delle popolazioni indigene, assunse i tratti dell’assimilazione forzata, della riduzione in schiavitù e dello sterminio a causa di lunghe guerre o di malattie portate dai colonizzatori contro le quali gli indigeni non avevano alcuna difesa immunitaria.
A metà del XVI secolo, lo zucchero era diventato la principale risorsa esportata e i portoghesi cominciarono a servirsi di schiavi catturati in Africa da impiegare nelle piantagioni di canna da zucchero allo scopo di aumentare la produzione per far fronte alla crescente domanda del mercato internazionale. Alla fine del Seicento le esportazioni di zucchero conobbero un declino, ma il collasso dell’impero fu evitato grazie alla scoperta di miniere d’oro nella regione oggi chiamata Minas Gerais e, nei decenni successivi, negli attuali Mato Grosso e Goiás. Migliaia di immigranti provenienti da tutto il Brasile e dal Portogallo si stabilirono in queste regioni per approfittare dello sfruttamento delle risorse minerarie.
Le guerre tra potenze coloniali europee opposero il Portogallo prima alla Francia e poi alla Spagna, confermando il dominio lusitano sul Brasile e ampliando l’estensione dominata. Nel 1808 la famiglia reale portoghese, in fuga dalle truppe di Napoleone I che avevano invaso il Portogallo, si rifugiarono a Rio de Janeiro, che divenne la capitale dell’impero portoghese. Nel 1815 il sovrano portoghese elevò il Brasile a stato sovrano, facendone un regno unito con il Portogallo. Al rientro dei sovrani portoghesi in Europa, nel 1821, il governo della madrepatria cercò di retrocedere il Brasile allo status di colonia, ma i sudditi Brasiliani si opposero alla corona portoghese e il reggente principe Pedro, rimasto in Brasile, accolse le richieste dei brasiliani dichiarando l’indipendenza dal Portogallo il 12 ottobre 1822. Il principe fu dichiarato primo imperatore del Brasile con il dome di Dom Pedro I. La successiva guerra di indipendenza si estese su tutto il territorio e ottenne la completa resa delle truppe portoghesi nel 1824. Un anno dopo il Portogallo riconobbe l’indipendenza del Brasile.
Seguì un cinquantennio di regno caratterizzato da dispute tra fazioni politiche interne, da tre guerre regionali vinte dal Brasile e da una relativa espansione economica. La monarchia fu poi rovesciata nel 1889, mentre l’anno precedente vide l’abolizione della schiavitù. Furono proprio gli ex – proprietari di schiavi, ostili all’abolizione della schiavitù, a supportare il colpo di stato che mise fine alla monarchia.
I primi decenni di storia repubblicana furono caratterizzati da regimi militari repressivi che limitarono la libertà di stampa e procedettero all’accentramento dei poteri nelle mani di una classe dirigente incompetente. Ribellioni interne e declino economico crearono le basi per il colpo di stato del 1930 che portò al potere Getulio Vargas, il cui governo durò quindici anni. Le ribellioni dei comunisti del 1935 fornirono poi a Vargas il pretesto per un ulteriore colpo di stato nel 1937, al quale seguì una recrudescenza dei metodi repressivi che rese il Brasile una dittatura.
La democrazia fu ripristinata nel 1946 con la presidenza del generale Eurico Gaspar Dutra; Vargas fu tuttavia rieletto nel 1951, ma non riuscì a governare il Paese e si suicidò nel 1954. Alla sua morte si succedettero una serie di governi ad interim fino alla presidenza di Juscelino Kubitscheck, sotto la cui presidenza il Brasile conobbe una crescita economica e industriale notevole. Gli anni Sessanta e Settanta furono caratterizzati da un’alternanza di democrazia e dittatura e da diversi colpi di stato, fino all’esclusione definitiva dei militari dal governo avvenuta nel 1985.
I successivi presidenti furono Fernando Henrique Cardoso, Luís Inácio Lula da Silva, Dilma Roussef e Michel Temer; attualmente il Paese è guidato da Jair Bolsonaro, che alle elezioni di ottobre 2022 competerà con l’ex presidente Inácio Lula.
L’economia del Brasile
Con la decima economia del mondo e la prima in America Latina, il Brasile emerge come potenza economica la cui espansione è prevista in aumento anche per i prossimi decenni. Le esportazioni hanno conosciuto un vero e proprio boom e oggi il Paese esporta aeromobili, attrezzatura elettrica, automobili, etanolo, prodotti tessili, scarpe, minerali di ferro, acciaio, caffè, semi di soia, carne bovina e svariati altri generi alimentari.
L’agricoltura e i settori ad essa connessi formano il cinque per cento del prodotto interno lordo, mentre l’industria si attesta intorno al trenta per cento. I principali poli industriali sono concentrati intorno alle città di San Paolo, Rio de Janeiro, Campinas, Porto Alegre, e Belo Horizonte.
Il Brasile è il decimo paese al mondo per consumo energetico. La maggior parte dell’energia utilizzata viene da fonti rinnovabili (energia idroelettrica e etanolo). Le energie non rinnovabili derivano principalmente da petrolio e gas naturale. Alla luce delle recenti prospezioni minerarie, si prevede che diventi nel prossimo futuro uno dei principali produttori e esportatori di petrolio.
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