Nel 2022, 16,5 milioni di contribuenti hanno destinato il loro 5 per mille generando un totale di 510 milioni di euro da distribuire fra enti di interesse sociale e comuni. Ci sono stati tanti esclusi, oltre 8mila, e secondo alcuni osservatori c’entrano gli effetti e i ritardi legati alla riforma del Terzo settore. Su MissioniConsolata di novembre 2023, sito web e versione sfogliabile
Si conclude con il mese di novembre il periodo per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi e, quindi, per la destinazione del 5 per mille, la quota di imposta Irpef che ogni contribuente ha facoltà di donare a enti che svolgono attività di interesse sociale o alle attività sociali del proprio comune di residenza.
Nel 2022, su un totale di 41,5 milioni di contribuenti in Italia, a destinare il proprio 5 per mille sono stati 16,5 milioni, circa il 40%. Benché le firme siano 193mila in più rispetto all’anno precedente, le persone che non donano ad alcun ente restano comunque sei su dieci. Le quote non assegnate rimangono a disposizione dello Stato, che le riceve con le imposte ma non deve poi distribuirle agli enti o ai comuni.
Il totale distribuito, riportava il comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate lo scorso giugno, sarà intorno ai 510 milioni di euro: 324 milioni, cioè il 64%, andranno agli Enti del terzo settore e alle Onlus, quasi 81 milioni alla ricerca sanitaria, 68 milioni a quella scientifica. I comuni riceveranno 16 milioni di euro, le associazioni sportive dilettantistiche 17,4 milioni, gli enti per la tutela dei beni culturali e paesaggistici 2,3 milioni e gli enti gestori delle aree protette 814mila euro.
Il valore medio del contributo, riportava Sara De Carli sul periodico Vita.it lo scorso giugno, è di 31,69 euro. A che reddito corrisponde questa quota di 5 per mille? I conti in realtà non sono semplici, perché nel determinare l’imposta netta Irpef (su cui si calcola il valore della donazione) concorrono diversi fattori, ad esempio le detrazioni a cui il contribuente ha diritto. Tuttavia, alcune organizzazioni, anche per invogliare le persone a donare aiutandole a farsi un’idea di che cosa sarà possibile fare con il loro contributo, hanno messo sui loro siti schemi o calcolatori automatici, specificando che si tratta comunque di approssimazioni. Usando il calcolatore automatico di Fondazione Airc, ad esempio, una quota di 31,69 euro corrisponde a un reddito da lavoro dipendente pari a 25.700 euro. Nello schema proposto da Medici senza frontiere, un reddito di 28mila lordi genera un 5 per mille pari a 33 euro.
Chi sono i beneficiari
A dividersi i 510 milioni di euro, riporta ancora il comunicato stampa, sono 71.674 soggetti: per il 70% (oltre 50 mila) sono enti del Terzo settore e Onlus, seguiti da 13mila associazioni sportive dilettantistiche, da quasi 8mila comuni e poco più di 700 fra enti impegnati nella ricerca scientifica, nel settore della sanità, nella salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici e nella gestione delle aree protette.
Nella lista dei primi dieci beneficiari non ci sono grandi cambiamenti rispetto all’anno scorso: la Fondazione italiana per la ricerca sul cancro – Airc ha ricevuto quasi 1 milione e 600mila preferenze e un totale di 70 milioni di euro. La seconda della lista è la Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro, con oltre 262mila firme e totali 12,4 milioni di euro, mentre Emergency, l’associazione fondata da Gino Strada, si conferma al terzo posto con più di 306mila firme e 12 milioni di euro. Seguono, con importi decrescenti da 9 a 5,4 milioni di euro, Lega del filo d’oro, Istituto europeo di oncologia, Medici senza frontiere, Associazione italiana contro le leucemie, Save the children Italia, la Fondazione italiana sclerosi multipla e la Fondazione dell’ospedale pediatrico Anna Meyer. Questi primi dieci enti raccolgono insieme oltre un quarto dei fondi e un quinto delle firme dei contribuenti.
Dal lato opposto della lista dei beneficiari ammessi, ci sono più di 9.600 organizzazioni – il grosso dei quali sono Enti del terzo settore e Onlus oppure associazioni sportive dilettantistiche – che non hanno ottenuto contributi. Fra questi enti, un po’ meno di metà non hanno ricevuto firme, mentre gli altri avrebbero ottenuto importi inferiori ai 100 euro che però, dal 2020, non vengono più liquidati ma «rimessi in palio» per essere ridistribuiti fra chi ad almeno 100 euro ci è arrivato. Un altro meccanismo di ridistribuzione è poi legato alle scelte generiche: se un contribuente mette la propria firma, poniamo, nella casella della ricerca sanitaria ma non indica un ente preciso scrivendone il codice fiscale, allora il suo contributo si sommerà alle altre scelte generiche, che verranno poi ridistribuite fra tutti gli enti di ricerca sanitaria in proporzione alle scelte dei contribuenti che invece hanno selezionato un ente specifico. Come se il contribuente dicesse: a me interessa aiutare la ricerca sanitaria, ma lascio scegliere agli altri contribuenti a quali enti andrà di più o di meno all’interno di quel settore.
Molte esclusioni, cause da chiarire
Ma il dato che colpisce di più, rilevava ancora De Carli nell’articolo su Vita citato sopra, è quello degli esclusi: 8.291 enti hanno ricevuto complessive 413mila firme per un totale di quasi 14 milioni di euro, ma non li riceveranno perché sono stati esclusi, né i fondi saranno distribuiti agli enti ammessi: resteranno a disposizione dello Stato. Le esclusioni ci sono ogni anno e le cause possono essere varie, ad esempio i ritardi delle organizzazioni negli adempimenti amministrativi. Ma nel 2021 i casi erano stati poco più di 1.600, un quinto.
Mario Consorti, presidente dell’azienda di servizi per il Terzo settore Np Solutions, scriveva su Vita lo scorso luglio che molte organizzazioni stanno ancora valutando la possibilità di diventare Enti del terzo settore (Ets) come richiesto dalla riforma avviata nel 2016, e per questo non si sono ancora iscritti al Runts, il Registro unico nazionale del terzo settore. L’iscrizione però è necessaria per poter partecipare alla ripartizione del 5 per mille: gli enti, quindi, hanno rinunciato al contributo ma, nel contempo, non hanno fatto una campagna per informare i donatori di questa rinuncia, in modo da non disperdere il bacino di firme che avevano costruito. Perché, sottolinea ancora Consorti, l’idea che sembra prevalente nell’orientare le scelte dei contribuenti è «fai come l’anno scorso»: per gli enti beneficiari, dunque, comunicare ai sostenitori un’interruzione, per quanto temporanea, della possibilità di donare loro il 5 per mille rischia di tradursi in firme perse poi molto difficili da recuperare. A proposito degli effetti della riforma, il sito Cantiere terzo settore riportava lo scorso settembre che al Registro stanno ancora aspettando di iscriversi anche 22mila onlus, «in attesa che si definisca il quadro fiscale per scegliere se entrare o meno nel Runts». E questo quadro fiscale dipende anche dall’autorizzazione della Commissione europea, per ottenere la quale il governo guidato da Mario Draghi, nel 2022, aveva già riformato l’impianto normativo, semplificandolo. A differenza degli enti esclusi, nel 2022 le Onlus erano state ammesse al 5 per mille con una proroga nella scadenza per l’iscrizione al Registro: proroga motivata, appunto, da questa attesa dei chiarimenti degli aspetti fiscali.
Breve storia del 5 per mille
Il 5 per mille fu istituito nel 2006, con la legge finanziaria per il 2007, e fu promosso dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel governo Berlusconi III. In un’intervista a Nicola Saldutti su Corriere buone notizie, lo spazio del Corriere della sera dedicato al Terzo settore, nel dicembre 2020 Tremonti spiegava che l’idea alla base era quella di rompere la dicotomia Stato-individuo, per cui «i cittadini votano e lo Stato decide come spendere le entrate fiscali. Dal basso verso l’alto il voto, dall’alto verso il basso le decisioni su come utilizzare i soldi. C’era lo schema Thatcher: non esiste la società, esistono gli individui. Con il 5 per mille andammo all’opposto di questi due modelli: l’individuo può decidere, ha potere di scelta sulla destinazione delle imposte, in settori considerati meritevoli dalla legge».
Nel 2017 Gabriella Meroni su Vita ripercorreva la storia del 5 per mille a dieci anni dalla sua nascita: all’inizio, la misura doveva essere inserita nella finanziaria anno per anno e a volte i governi non lo facevano, oppure stanziavano somme insufficienti per finanziarla. Fra il 2010 e il 2013, poi, i governi imposero limiti di raccolta a causa dei quali vennero «persi 310 milioni». Nel 2014, il 5 per mille venne stabilizzato: la legge di stabilità del 2015, fatta dal governo Renzi, stabilì che le disposizioni «relative al riparto della quota del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in base alla scelta del contribuente, si applicano anche relativamente all’esercizio finanziario 2015 e ai successivi». Il governo, inoltre, autorizza la spesa di 500 milioni di euro per liquidare il contributo.
Dopo il 2017, fra i cambiamenti più rilevanti ci sono stati l’ulteriore innalzamento del tetto di spesa a fino agli attuali 525 milioni, e nel 2020, durante la pandemia, la liquidazione di due annate di contributo invece di una. In questo modo, oggi gli enti ricevono il 5 per mille raccolto l’anno fiscale precedente, mentre con le regole passate veniva loro liquidato quello di due anni prima, rendendo molto più complesso, ad esempio, valutare e calibrare le campagne organizzate per invogliare i contribuenti a firmare.
Gli omologhi all’estero
Esiste il 5 per mille negli altri Paesi? Secondo uno studio del 2020 dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), dal titolo Tassazione e filantropia, la risposta è sì: anche Slovenia, Portogallo, Ungheria, Lituania, Romania e Slovacchia hanno metodi simili, che il rapporto chiama «sistemi di assegnazione» e che permettono ai contribuenti di indicare alle autorità fiscali a quali enti o cause filantropiche deve essere destinata una determinata percentuale della loro imposta sul reddito. Questi sistemi, dice il rapporto, decentralizzano la decisione affidandola ai contribuenti stessi.
Di gran lunga più diffusa come incentivo fiscale alla donazione per le persone fisiche è la deduzione, cioè la possibilità di sottrarre l’importo di una donazione dal totale del reddito su cui verrà calcolata l’imposta. La deduzione è presente in 22 paesi sui 39 considerati nel rapporto, mentre 12 Paesi utilizzano invece il credito d’imposta, del quale è un esempio il social bonus in Italia che è l’unico paese ad avere tutte e tre queste forme di incentivo a donare.
Vi è poi un quarto metodo, denominato matching nel rapporto, che prevede un’aggiunta percentuale da parte dello Stato per ogni donazione fatta da un contribuente. Ad esempio, nel programma Gift Aid del Regno Unito per ogni sterlina donata dal contribuente le organizzazioni beneficiarie possono reclamare ulteriori 25 pence che vengono aggiunti dallo Stato. Inoltre, i contribuenti che pagano l’imposta con l’aliquota più elevata – il 40% – possono richiedere uno sgravio fiscale pari al 20% dell’importo della donazione finale, compresa la parte aggiunta dallo Stato.
Com’è andata per MCO
Nel 2022, Missioni Consolata Onlus ha raccolto 84.624,67 euro grazie alle firme di 1.905 donatori. È stato il primo anno di crescita dei fondi ricevuti (+4.388,99 euro) dopo quattro di calo. Le firme invece sono diminuite di 88 unità.
La quota media è di circa 38 euro.
Acqua e luce per gli alunni della Nomads children’s school di Camp Garba – Isiolo – Kenya
È la scuola dei figli dei pastori nomadi (Samburu, Turkana, Borana e altri) che, fuggiti dalle aree ancestrali per scontri tribali, siccità e fame, gravitano attorno alla missione.
La scuola ha bisogno di installare pannelli solari che producano l’energia elettrica necessaria per:
- far funzionare la pompa del vecchio pozzo e avere così acqua a sufficienza per i bisogni di circa 700 allievi e per irrigare l’orto della missione che fornisce cibo alla scuola;
- dare luce alle aule scolastiche soprattutto per gli studi serali;
- garantire illuminazione notturna del perimetro della scuola per una maggior sicurezza anche contro intrusione di animali selvaggi (iene, elefanti e simili).
È un progetto da 12mila euro per il quale si sono impegnati gli Amici Missioni Consolata.
Vuoi dare una mano a realizzare questo bel sogno?
Manda il tuo aiuto per «Amc – pannelli solari Camp Garba» attraverso Missioni Consolata Onlus
È un progetto sostenuto dagli Amici Missioni Consolata.