La Repubblica Democratica del Congo (RDC), con una superficie pari a 2.345.410 chilometri quadrati, è tra i più vasti paesi dell’Africa, otto volte circa l’Italia e trentatré volte il Belgio, di cui è stato colonia. Attraversata dalla linea dell’Equatore, la RDC confina ad ovest con la Repubblica del Congo, a nord con la Repubblica Centrafricana e il Sudan, a est con l’Uganda, il Rwanda, il Burundi e la Tanzania e a sud con lo Zambia e l’Angola.
Con un unico piccolo sbocco di 40 km sull’Oceano Atlantico, il Paese è occupato nella sua parte centrale dal bacino del fiume Congo (il secondo fiume più lungo d’Africa dopo il Nilo, 4.700 km in gran parte navigabili, che rappresentano una importante linea di comunicazione e di traffici commerciali), intorno al quale si sviluppa una densa foresta tropicale, che diventa savana verso il confine con il Sudan e la Repubblica Centrafricana, mentre la parte orientale e quella meridionale del paese sono caratterizzate da aree montuose e raggiungono, con il Pic Marguerite, i 5.119 metri. Il clima, tipicamente tropicale, prevede due stagioni, quella delle piogge e quella secca, che si alternano invertite a seconda che ci si trovi a nord o a sud dell’Equatore. La popolazione della Repubblica Democratica del Congo, di oltre 62 milioni di abitanti, è prevalentemente bantu e conta oltre 300 gruppi etnici differenti. Le lingue nazionali, oltre al francese, sono lo swahili, il lingala, il kikongo e lo tshiluba.
A livello amministrativo la RDC è divisa in undici Province (che avrebbero dovuto diventare 26 da febbraio 2009, secondo la nuova Costituzione del 2006). Le province (fatta eccezione per quelle costituite da solo territorio urbano, come Kinshasa) sono suddivise in distretti, a loro volta costituiti da territori. Le risorse del sottosuolo sono estremamente varie e presenti in grande quantità: cobalto, rame, niobio, tantalio, petrolio, diamanti, oro, argento, zinco, manganese, stagno, uranio, carbone e altri fanno della RD Congo uno dei Paesi potenzialmente più ricchi al mondo e, anche per questo, il Paese è da sempre scosso da conflitti devastanti culminati nelle guerre del 1997-2003, che hanno provocato oltre cinque milioni di vittime e centinaia di migliaia di rifugiati e sfollati.
Storia
Colonia belga dal 1908 (ma già prima considerato proprietà personale del Re Leopoldo II del Belgio), il Paese ottiene l’indipendenza nel 1960, ma a questa seguono anni di scontri armati e guerra civile, fino a quando, nel 1968, prende il potere Mobutu Sese Seko che ribattezza il paese Zaire e istituisce un trentennale regime presidenziale, dove il MRP (Mouvement Populaire de la Révolution) è partito unico. A questo regime, nel 1996, si oppone un’armata ribelle capitanata da Laurent Desiré Kabila (che aveva già partecipato alla guerra civile degli anni Sessanta ed aveva poi vissuto fuori dal Paese) e sostenuta dagli eserciti di Uganda e Rwanda, che invade il paese e che nel 1997 costringe Mobutu a fuggire: L.D. Kabila si proclama presidente e ricostituisce la “Repubblica Democratica del Congo”, abbandonando la denominazione mobutista di Zaire.
Ma, una volta al potere, Kabila cerca di liberarsi degli alleati che gli hanno consentito la conquista del Paese. Questi quindi riprendono le armi, questa volta contro di lui e i suoi nuovi sostenitori, tra cui Zimbabwe, Angola, Chad e Namibia, e il Paese si spacca così in due: la parte ovest controllata dal governo di Kinshasa, appoggiato da Zimbabwe, Angola, Chad e Namibia, e la parte est controllata da un governo ribelle, con sede a Goma, appoggiato da Rwanda e Uganda. La guerra che ne scaturisce viene paragonata da molti storici ad una guerra mondiale per il numero di Stati coinvolti e per il numero di vittime, ma soprattutto, aggrava ulteriormente la situazione di deterioramento delle infrastrutture e di povertà generale del Paese, già duramente provata dai trent’anni di Mobutismo, trasformando uno dei Paesi potenzialmente più ricchi del mondo in una nazione allo sbando con i tassi di povertà tra i più alti del globo.
L.D. Kabila viene assassinato, in circostanze mai del tutto chiarite, nel gennaio del 2001 e gli succede il figlio ventinovenne Joseph che guida un governo di transizione fino al 2006, durante il quale, grazie ad una maggiore apertura verso la comunità internazionale e all’intervento delle forze della MONUC (la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite per la RDC), si riesce a permettere il rientro di grandi masse di popolazione nelle proprie zone di origine, precedentemente abbandonate a causa della guerra, a riallineare le numerose bande armate al potere politico locale e a raggiungere ed assistere con interventi umanitari tutte quelle popolazioni rimaste prigioniere di zone divenute impenetrabili a causa della guerra.
Nel 2006 si tengono quindi le prime elezioni democratiche nella storia della RD Congo dopo quelle del 1960, che confermano Joseph Kabila alla Presidenza; nonostante ciò il Paese non riesce a raggiungere una piena stabilità. Infatti, nel Novembre del 2008, i disordini riprendono con particolare virulenza nella parte orientale del Paese (Kivu e Maniema): qui il generale tutsi congolese Laurent Nkunda, a capo di un esercito che conta, secondo alcune fonti, cinquemila unità, affermando di voler difendere i tutsi dagli attacchi dei ribelli hutu rwandesi responsabili del genocidio del 1994 in Rwanda e ancora attivi in DR Congo, ha ripreso le ostilità contro l’esercito governativo congolese. Questo nuovo conflitto ha costretto migliaia di persone ad abbandonare i propri villaggi e si stima che i rifugiati in fuga dai massacri di novembre 2008 siano 250 mila. La forza di pace internazionale, presente in Congo con il più nutrito contingente ONU al mondo (17 mila unità tra peacekeepers e personale amministrativo) nulla ha potuto contro le forze ribelli e ha dovuto affrontare l’ostilità della popolazione esasperata e inferocita per i continui massacri a cui va soggetta. A questi disordini vanno sommati, nel nord del paese, le continue incursioni dell’ugandese Lord Resistance Army, a causa delle quali centinaia di congolesi stanno cercando rifugio a Isiro e altre città della Provincia Orientale.
Nel gennaio 2009 Nkunda viene arrestato in Rwanda dove si trova tuttora in attesa di giudizio. La sua scomparsa dalle scene, comunque, non ha implicato una maggior stabilità per la regione: nel maggio 2009, infatti, le incursioni dei ribelli hutu hanno provocato altre migliaia di sfollati e fra il giugno e l’agosto del 2010 si sono verificati nuovi stupri di massa nel Nord Kivu. Nel novembre del 2011 si sono svolte le elezioni presidenziali, che hanno confermato Kabila alla guida del Paese pur fra le accuse di brogli elettorali e diversi momenti di tensione nella capitale. Nel novembre 2012 il gruppo ribelle M23 entra a Goma, lasciandola poche settiman dopo in cambio della promessa da parte del governo di aprire un tavolo di negoziazioni.
Dopo diversi rinvii delle elezioni presidenziali, Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo, figlio di Etienne Tshisekedi, leader di lunga data dell’opposizione, ha vinto le elezioni del dicembre 2018, succedendo a Joseph Kabila che aveva guidato il paese per 18 anni.
Economia
Secondo i più recenti dati UN (2019), la RD Congo si colloca al 179° posto su 187 Paesi del mondo per indice di sviluppo umano, pari a 0.459, un PIL pro capite di 545 dollari l’anno e un tasso di analfabetismo al 23%. Nel 2018, il 72% della popolazione, specialmente nelle regioni del Nord Ovest e del Kasaï, viveva in condizioni di estrema povertà con meno di 1,90 dollari al giorno. Il divario in termini economici fra la piccolissima gerarchia che gestisce il potere e le risorse e la maggioranza della popolazione che lotta per la sopravvivenza è enorme.
L’economia congolese ha registrato, a partire dal 2002, un netto miglioramento e nel 2009 il tasso di crescita del PIL è stato pari al 12.1%, il più alto del mondo per quell’anno, raggiunto dall RD Congo grazie soprattutto a investimenti nella costruzione di infrastrutture con l’aiuto della Cina e a altri investimenti internazionali nel settore minerario, in quello agricolo e nella ripresa delle attività delle centrali idroelettriche sul fiume Congo. Tuttavia, la maggior parte dell’economia congolese rimane informale, caratterizzata da un’agricoltura di sussistenza e da uno sfruttamento solo parziale e disomogeneo dell’enorme potenziale minerario del Paese. Il commercio dei prodotti agricoli è quasi scomparso, mentre il settore delle telecomunicazioni registra un aumento degli investimenti. Le infrastrutture hanno subito un processo di deterioramento costante, cominciato negli anni ottanta e aggravato dal conflitto degli anni novanta. Degli oltre 170.000 chilometri di strade, solo 2.250 sono asfaltati. Dopo essere cresciuta di poco meno del 6% nel 2018, l’economia congolese ha subito nel 2019 un rallentamento (4,4%) dovuto al calo dei prezzi delle materie prime, in particolare cobalto e rame, che rappresentano oltre l’80% delle esportazioni del Paese.