In Sud Sudan, Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo sono in corso una serie di conflitti che rendono l’area una polveriera. Gli sfollati e i rifugiati del tre Paesi raggiungono i due milioni.
Sud Sudan, “situazione volatile”
I rappresentanti del presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, e del suo rivale , l’ex vice presidente Riek Machar , sono riuniti ad Addis Abeba per tentare di negoziare un accordo e un cessate il fuoco per mettere fine al conflitto, iniziato lo scorso 15 dicembre, che ha provocato almeno un migliaio di vittime e oltre quattrocentomila sfollati.
Il 16 gennaio il presidente ugandese Yoweri Museveni ha dato l’annuncio della partecipazione dei soldati di Kampala a “una grande battaglia” e ad altre offensive dell’esercito governativo contro i ribelli legati a Riek Machar.
Qui una sintesi con diversi link che ricostruiscono il conflitto, compreso un recente rapporto dell’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari.
Repubblica Centrafricana, rischio genocidio
È rischio genocidio in Repubblica centrafricana: lo dichiara il capo delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, John Ging, mentre l’Unione africana invia un contingente ruandese a sostegno della MISCA, la missione a guida africana di stabilizzazione del Paese, che conta 4.400 soldati e dovrebbe aumentare fino a includerne seimila. Accanto alla MISCA c’è poi l’esercito francese, che ha inviato 1.600 militari a partire dallo scorso dicembre nell’ambito della Missione Sangaris. Ma proprio in questi giorni è arrivato un parziale mea culpa dell’ambasciatore francese alle Nazioni Unite, il quale ha ammesso che la Francia ha “sottostimato l’odio fra le comunità cristiane e musulmane” e ha definito “impossibile” la situazione che i soldati francesi si trovano ad affrontare.
Il conflitto, iniziato nel dicembre del 2012, vede opporsi i ribelli del gruppo Seleka al governo del presidente François Bozizé, che ha lasciato il Paese lo scorso marzo poco prima dell’assalto del palazzo presidenziale da parte dei ribelli. A tutt’oggi, gli sfollati sono circa un milione, su una popolazione totale di circa cinque milioni, mentre gli episodi di violenza e le atrocità sono all’ordine del giorno. Qui un’infografica di Le Monde (in francese).
Repubblica Democratica del Congo, l’instabilità eterna
La situazione nel Nord Kivu rimane piuttosto fluida. Se da Luanda, la capitale dell’Angola, dove i capi di Stato dei Paesi della zona dei Grandi Laghi sono riuniti per discutere della stabilizzazione dell’area, arriva un plauso al governo congolese per la neutralizzazione del gruppo ribelle M23, la situazione sul campo non è così chiara. Se, da un lato, ci sono forti sospetti che l’M23 si stia riorganizzando, dall’altro – riporta l’agenzia Fides – la stampa congolese avrebbe avanzato ricostruzioni inquietanti della morte del colonnello dell’esercito regolare Mamadou Ndala: la sua uccisione, inizialmente attribuita ai guerriglieri ugandesi dell’ADF-NALU, sarebbe invece il risultato di una faida interna all’esercito o addirittura l’opera di infiltrati del movimento ribelle M23 nelle forze armate.
Altro motivo di preoccupazione per la stabilità del Paese si è rivelato il movimento del pastore Joseph Mukungubila Mutombo, i cui seguaci hanno attaccato lo scorso dicembre il palazzo presidenziale, la sede della TV di Stato e l’aeroporto di N’djili. La notizia aveva avuto ampia eco anche in Italia a causa dei connazionali che proprio nei giorni dell’attacco si trovavano nella capitale Kinshasa per finalizzare delle procedure di adozione di bambini congolesi. Il reverendo Mutombo, che si era candidato alle presidenziali del 2006, fa leva sulle spinte secessioniste della ricca regione mineraria del Katanga e accusa il presidente congolese Joseph Kabila di essere un fantoccio del vicino Ruanda.